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Economia & LavoroRegione FVG

Mobbing, il Fvg rafforza la rete: nel 2025 quasi 270mila € ai “Punti di ascolto”

Nel primo semestre seguite 341 persone (67% donne). Più colpiti gli over 51. Prevalgono vessazioni come critiche ed eccesso di controllo

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Mobbing
Mobbing (© Depositphotos)

Ambienti di lavoro equi, sicuri e privi di vessazioni: è questa la priorità ribadita dall’assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen, che a Trieste ha presentato i dati semestrali dei Punti di ascolto antimobbing del Friuli-Venezia Giulia. «Garantire pari opportunità è una responsabilità strategica per le imprese, in chiave di produttività e sostenibilità sociale», ha sottolineato.

Finanziamenti in crescita: quasi 270mila euro nel 2025

Dal 2017 la Regione ha rafforzato gli sportelli dedicati, aumentando progressivamente gli stanziamenti fino ad arrivare, nel 2025, a quasi 270mila euro. Una scelta che consolida una rete capillare di presìdi a supporto di lavoratrici e lavoratori e che punta a intercettare precocemente i casi, orientare le persone e favorire soluzioni organizzative nelle aziende.

Dove sono attivi i Punti di ascolto

La rete è attiva nelle quattro province: Udine, Gorizia, Trieste e Pordenone. Nel primo semestre 2025 gli sportelli hanno seguito 341 persone, confermando il loro ruolo di presidio e di riferimento territoriale.

  • Udine: 147 utenti
  • Gorizia: 70
  • Trieste: 63
  • Pordenone: 61

Chi chiede aiuto: il profilo delle vittime

Il 67% delle persone seguite sono donne, il 33% uomini. Spicca la fascia over 51 anni, che concentra quasi la metà dei casi. La distribuzione per età: 0% sotto i 20 anni, 5% tra 20-30, 20% tra 31-40, 27% tra 41-50, 48% oltre i 51.
Sul fronte contrattuale, l’88% ha un tempo indeterminato e il 12% un tempo determinato. Quanto ai settori, il privato raccoglie il 72% delle segnalazioni, il pubblico il 28%.

Le cause del disagio lavorativo

Alla base del malessere segnalato emergono in primo luogo fattori socio-anagrafici (32%) e mutamenti aziendali (21%). Seguono le richieste avanzate dal lavoratore (20%), assenze prolungate o congedi (18%), infortuni o malattie professionali (6%), e il rifiuto di richieste altrui (4%).
Queste dinamiche fotografano organizzazioni sotto pressione – tra ristrutturazioni, riorganizzazioni e turnover – in cui fragilità personali e fattori demografici possono tradursi in conflitti e comportamenti vessatori.

Le forme di vessazione più diffuse

In cima ci sono umiliazioni e critiche (32%), eccesso di controllo (25%) e attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi (15%). Presenti anche forme di emarginazione come marginalizzazione (7%) e svuotamento mansioni (3%), oltre a isolamento, trasferimenti ripetuti e mancata assegnazione di strumenti o formazione.
Si tratta di condotte seriali che, se non intercettate, possono degenerare in stress lavoro-correlato, calo della produttività e contenziosi.

Chi sono i presunti mobber

Il profilo dei presunti autori vede una lieve prevalenza maschile (52%) rispetto al 48% femminile. Nel 75% dei casi si tratta di un superiore o titolare; nel 21% di colleghi pari grado; nel 3% di sottoposti; nell’1% altre situazioni. Il dato conferma come asimmetrie di potere e culture organizzative inadeguate restino un terreno fertile per gli abusi.

Perché investire conviene (alle persone e alle imprese)

Il potenziamento dei Punti di ascolto ha un duplice impatto: tutela la salute psicofisica delle persone e riduce i costi indiretti per le aziende (assenteismo, turnover, contenziosi, clima interno). In una regione come il Friuli-Venezia Giulia, dove la componente femminile è sempre più presente e l’invecchiamento attivo ridisegna la forza lavoro, formazione manageriale, procedure chiare e sportelli di prossimità diventano leva competitiva oltre che garanzia di diritti.

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