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Scoperta straordinaria a Trieste: trovato il proteo più grande d’Italia nelle grotte del Timavo
Record in grotta Luftloch: trovato il proteo più grande d’Italia, lungo 31 cm. Una scoperta unica per Timavo e scienze naturali

Non è una storia da pescatori né un racconto di prodezze esagerate. Questa volta i numeri parlano chiaro: righello alla mano e prove fotografiche, la Società Adriatica di Speleologia (Sas) di Trieste ha certificato il ritrovamento del proteo più grande mai osservato in Italia, un esemplare lungo 31 centimetri. La scoperta arriva dalla grotta Luftloch, luogo in cui un anno e mezzo fa, dopo 24 anni di esplorazioni, era stato individuato un nuovo tratto sotterraneo del fiume Timavo, a oltre 300 metri di profondità.
Durante le recenti ricerche, condotte insieme alla dottoressa Chiara Manfrin del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, gli speleologi hanno documentato una presenza eccezionale di protei (Proteus anguinus). Tra questi, uno ha attirato l’attenzione per dimensioni fuori dal comune. “La testa era larghissima, nel retino si percepiva il peso insolito dell’animale”, spiega lo speleologo Marco Restaino, che stima che l’esemplare possa aver raggiunto il peso di circa un etto.
Un record assoluto per il territorio italiano
Se in Slovenia esistono già documentazioni di protei di dimensioni simili, per l’Italia il ritrovamento rappresenta un primato storico, il più grande esemplare di cui siano mai stati registrati parametri certi. Un traguardo reso possibile anche grazie ai permessi ministeriali speciali, necessari per interagire con una specie protetta al massimo livello.
Questi permessi hanno consentito agli studiosi di prelevare un microscopico campione di tessuto, indispensabile per analisi scientifiche avanzate. “Il campione — evidenzia il Dipartimento di Scienze della Vita — ci darà accesso a informazioni uniche su questo straordinario animale cavernicolo”, iconico e ancora in gran parte misterioso.
La ricerca rientra in un progetto sostenuto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, tramite il Servizio Geologico, che punta a migliorare il monitoraggio e lo studio di una specie simbolo del mondo sotterraneo europeo.
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