Idee & Consigli
Cosa ne pensano gli operatori delle nuove licenze italiane sul gambling? Funzionerà o sarà un flop?

Il bando 2025 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha ridisegnato completa͏mente il settore del gioco online. A questo punto, però, c’è da capire cosa ne pensano gli operatori coin͏volti, siamo davvero sicuri che tutto cambierà in meglio? C’è tanto entusiasmo, ma anche alcune preo͏ccupazioni.
La novità normativa ha sorpreso tutti! 50 licenze disponibili al costo di 7 milioni l’una e per una durata di 9 anni, dal 2026 al 2035. Sembra proprio che il Governo abbia dato il meglio di sé per creare un ecosistema solido, stabile e altamente sicuro.
Diciamo, però, che il prezzo non è proprio quello che ci si aspettava. Siamo passati da licenze al costo di 200 mila euro nel 2018 a molto molto di più. Non tutti sono stati contenti ovviamente, però ci sono anche dei risvolti positivi dietro questa manovra così forte.
Perché il nuovo bando arriva proprio ora
Il timing non è casuale. Le concessioni in essere, originariamente in scadenza a dicembre 2024, sono state prorogate fino al 17 settembre 2025 per consentire un passaggio morbido al nuovo regime. La finestra di presentazione delle domande si è chiusa l’11 giugno: secondo l’ADM 46 società hanno depositato istanza, segnale che l’interesse rimane alto nonostante l’esborso iniziale.
Gli operatori sottolineano che la scelta del Governo risponde a tre esigenze:
- stabilizzare il gettito erariale dopo anni di norme tampone;
- uniformare le regole tecniche (cloud, cybersecurity, dominio .it) alle più recenti direttive europee;
- mettere fine al meccanismo delle skin, imponendo un unico brand per licenza.
La novità più dibattuta resta l’onere economico: sette milioni versati in un’unica tranche non sono alla portata di tutti. Il Governo punta a un numero ridotto di player robusti, ma c’è chi teme che meno concorrenza si traduca anche in bonus meno generosi e in prodotti meno innovativi.
Gli operatori si dividono: entusiasmo e scetticismo
Il settore non parla con una sola voce. Alcuni vedono un’occasione per professionalizzare il mercato, altri lamentano un salto di scala difficile da assorbire.
Chi applaude mette in evidenza:
- la certezza regolatoria di nove anni, utile per pianificare gli investimenti sull’IA e sul mobile;
- l’allineamento alla norma europea sul Game Account, che dovrebbe semplificare i controlli antiriciclaggio.
Chi critica, invece, teme:
- la concentrazione dell’offerta in poche mani, con una possibile riduzione della competitività;
- il rischio di un aumento del gioco offshore se i costi di compliance spingono in alto il payout minimo.
A livello di mood, i piccoli concessionari sono un po’ in difficoltà perché il costo risulta proibitivo, rischiano di non restare nel perimetro legale. I gruppi internazionali, invece, che sono economicamente forti, trattano la gara come una normale voce di budget. In mezzo c’è una fascia di operatori ibridi che valuterà delle eventuali partnership o delle acquisizioni lampo.
Cosa dicono i numeri: impatto economico e fiscale
Nel 2024 il comparto giochi ha versato all’Erario 9,2 miliardi di euro, in leggero calo rispetto al 2023. L’online è il segmento che cresce più in fretta e che il fisco considera strategico per continuare a mantenere un gettito costante ed elevato.
Il Politecnico di Milano conferma la tendenza: la spesa dei consumatori italiani in gaming digitale ha toccato 1,5 miliardi (+5% su base annua), pari al 39% di tutti i contenuti digitali acquistati. Se la curva prosegue, il Governo potrebbe recuperare il ticket d’ingresso delle licenze in uno-due esercizi finanziari.
Con 46 domande per 50 posti, l?ADM dovrà comunque valutare i requisiti e potrebbe rilasciare delle licenze a scaglioni entro il primo trimestre 2026.
Identità digitale e casinò con SPID: le reazioni
Un capitolo a parte riguarda le piattaforme che già consentono l’accesso tramite identità digitale. Gli operatori che lavorano con SPID, di cui trovi un elento aggionato qui https://www.finaria.it/gambling/casino-con-spid/, si dichiarano pronti a estendere il modello di login sicuro all’intero ecosistema, sostenendo che la verifica digitale riduce le frodi e i costi di KYC. Secondo diversi addetti ai lavori, il nuovo bando rafforza questa linea perché richiede dei sistemi di autenticazione avanzati come prerequisito tecnico. La fiducia degli utenti verso i casinò che adottano lo SPID è cresciuta man mano che l’identità digitale è stata introdotta nei servizi pubblici.
Chi gestisce i brand mobile first apprezza l’obbligo di avere un dominio nazionale. D’ora in poi l’esperienza utente, dal login alla sessione di gioco, potrà essere ingegnerizzata end-to-end senza passaggi su delle piattaforme esterne. Altri, però, osservano che lo SPID non ha ancora una diffusione uniforme tra le fasce d’età, e temono di perdere i giocatori meno digitalizzati.
Insomma, l’alto canone di ingresso seleziona gli operatori, ma potrebbe limare l’innovazione se la platea si dovesse ridurre troppo. Allo stesso tempo, gli obblighi sulla cybersecurity promettono più tutela per i giocatori e un’immagine internazionale più credibile. Se funzionerà o sarà un flop dipenderà dalla capacità della filiera, concessionari, fornitori tech, legislatori, di trasformare gli obblighi costosi in leve di crescita responsabile. Oggi l’industria appare spaccata a metà, e forse è proprio questa tensione a spingerla, suo malgrado, verso una nuova maturità.
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