Trieste
Carcere di Trieste, garante Burla denuncia: sovraffollamento, carenze di personale e diritti calpestati
Sovraffollamento, carenze di personale e detenuti stipati oltre il doppio della capienza: la garante comunale dei detenuti lancia l’allarme sulla casa circondariale di Trieste dopo l’ennesimo caso di evasione
“In questi giorni massima attenzione viene posta sulla situazione della casa circondariale di Trieste, ancora una volta, solo e soltanto, per parlare di un fatto di cronaca che assume contorni negativi: l’evasione di una persona”. A intervenire, con una nota dura e articolata, è la garante comunale dei diritti dei detenuti Elisabetta Burla, che invita a guardare oltre il singolo episodio.
Un fatto che “fa scalpore”, sottolinea Burla, ma che non rappresenta un’eccezione: nell’ultima settimana in Italia si sono registrate ben tre evasioni. Un dato che, secondo la garante, dimostra come la tanto proclamata sicurezza presenti falle evidenti. Le politiche adottate negli ultimi anni – dall’inasprimento delle pene alla creazione di nuovi reati, fino alle limitazioni sempre più rigide alle misure alternative – hanno prodotto un solo risultato: l’aumento costante della popolazione carceraria, senza un adeguato rafforzamento degli organici e delle strutture.
Dettato costituzionale non rispettato
Per Burla l’errore di fondo è chiaro: non si è agito nel rispetto della Costituzione, che stabilisce come le pene debbano tendere alla rieducazione del condannato e non possano consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.
Applicando questi principi alla realtà del carcere del Coroneo, il quadro che emerge è allarmante. A fronte di una capienza effettiva di 117 posti – ridotta rispetto ai 150 teorici a causa di spazi inagibili o in ristrutturazione – le persone detenute sono stabilmente attorno alle 240, da quasi un anno. Un numero più che doppio rispetto a quanto consentito.
A questo si aggiunge una carenza di circa venti unità nella polizia penitenziaria, con personale spesso impegnato in piantonamenti presso strutture sanitarie e appesantito da circolari che rendono il lavoro eccessivamente burocratizzato. Tutto ciò sottrae tempo ed energie alla programmazione di percorsi individualizzati, elemento centrale per la rieducazione e il reinserimento.
Nuovi istituti di pena: una falsa soluzione
Secondo la garante comunale, anche l’ipotesi di costruire nuovi istituti di pena lontani dal contesto cittadino rappresenta un errore di prospettiva. “Serve solo a spostare l’attenzione dalla crisi del sistema carcerario”, afferma Burla, una crisi ormai evidente.
Al contrario, l’esecuzione delle condanne tramite misure alternative e pene sostitutive offrirebbe maggiori garanzie sia in termini di risocializzazione che di sicurezza collettiva. Un carcere sovraffollato e privo di risorse, avverte, “annienta la speranza”.
Il dramma silenzioso dei suicidi
La riflessione finale è la più dura. “Per alcuni le lenzuola servono per evadere calandosi dalle mura, per altri per evadere definitivamente da questa vita”. Nel solo anno in corso, ricorda Burla, 76 persone detenute si sono tolte la vita, insieme a quattro operatori che lavoravano, a vario titolo, all’interno degli istituti penitenziari.
Numeri che impongono, conclude la garante, una riflessione seria, non fatta per slogan, sul senso e sulle condizioni attuali del sistema carcerario italiano.
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