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Emergenza sanità in FVG: carenza cronica di medici di base
Solo 22 candidati per 404 posti: il Friuli-Venezia Giulia affronta una nuova, grave emergenza nella medicina di base

Il Friuli-Venezia Giulia è nuovamente alle prese con una grave emergenza sanitaria: migliaia di cittadini rischiano di rimanere senza medico di famiglia. L’ultimo bando regionale, pubblicato ad aprile, mirava a coprire 404 zone carenti tra medici di medicina generale e di continuità assistenziale. Tuttavia, la risposta è stata drammaticamente insufficiente: solo 22 medici hanno presentato domanda, pari a un misero 5% delle posizioni disponibili.
Il dato è emerso durante un recente tavolo di confronto tra Regione e sindacati di categoria sul nuovo accordo integrativo regionale. Le sigle sindacali hanno espresso forte preoccupazione, temendo che, al momento della convocazione, anche quei pochi candidati possano rinunciare agli incarichi, peggiorando ulteriormente la già precaria situazione.
Un mestiere sempre meno attrattivo
Ma perché sempre meno professionisti scelgono di fare i medici di famiglia? Secondo Fernando Agrusti, segretario regionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, questa scarsa adesione è il sintomo evidente di un problema profondo: la professione è diventata troppo “difficile e pesante”, perdendo progressivamente attrattiva, in particolare per i giovani.
A incidere negativamente è anche l’incertezza sul futuro del contratto di lavoro: è infatti in discussione da tempo un possibile passaggio dal regime di convenzione alla dipendenza, ma il piano – che coinvolge Ministero della Salute e Regioni – è attualmente in fase di stallo. Questo induce molti giovani medici a “restare alla finestra”, in attesa di capire come evolverà la situazione contrattuale.
Le richieste dei sindacati: serve un cambio di passo
Durante il confronto con la Regione, i sindacati hanno giudicato le risposte ricevute come “vaghe e deludenti”. Stefano Vignando, presidente regionale del Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani (SNAMI), ha chiesto interventi urgenti: più risorse economiche, meno burocrazia e maggiori tutele, per rendere la professione nuovamente attrattiva e fermare l’emorragia di medici.
Particolare attenzione è stata chiesta per le donne medico, oggi maggioranza nella categoria, che necessitano di condizioni più flessibili per conciliare lavoro e famiglia. Vignando ha citato diversi casi di dottoresse in servizio in ASUGI e ASUFC che si sono dimesse volontariamente, scegliendo carriere meno gravose.
Proposte concrete per alleggerire il carico
Tra le proposte concrete sul tavolo figura l’autoriduzione del massimale di assistiti, ovvero la possibilità di diminuire il numero di pazienti seguiti dai medici in presenza di particolari necessità. Questa opzione è prevista dal contratto nazionale, ma – denuncia SNAMI – in alcuni casi le aziende sanitarie l’hanno revocata, scoraggiando ulteriormente i professionisti.
Infine, i sindacati sottolineano un problema sempre più pressante: la “burocrazia asfissiante”. Le pratiche amministrative sottraggono tempo e risorse alla cura dei pazienti, contribuendo a rendere il lavoro più stressante e meno sostenibile.
Il quadro tracciato è chiaro: senza un intervento deciso e strutturato, il rischio è quello di una sanità territoriale sempre più fragile, incapace di garantire assistenza capillare e continuativa alla popolazione.
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