Trieste
Trieste, sovraffollamento e burocrazia frenano la “rieducazione” al Coroneo
Rieducazione sempre più difficile al Coroneo: la denuncia del garante dei detenuti sulla stretta del DAP
Alle croniche difficoltà che da anni caratterizzano la vita all’interno del carcere del Coroneo di Trieste si aggiunge una nuova denuncia da parte del garante dei detenuti, l’avvocato Elisabetta Burla. La riduzione degli spazi dedicati alle attività di rieducazione e la complessità crescente delle autorizzazioni per operare con i detenuti stanno compromettendo, secondo la garante, “l’opera di risocializzazione” e lo sviluppo dei rapporti tra la comunità carceraria e la società libera.
Le nuove regole sulle autorizzazioni
Il problema nasce dalla scelta del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) di accentrare su di sé il potere di autorizzare le attività educative, culturali e ricreative nelle carceri. Finora, la decisione spettava al magistrato di sorveglianza, previo parere del direttore dell’istituto. Ora, invece, dopo i pareri dei due soggetti, la valutazione finale passa al DAP, con tempi che la Burla definisce “aleatori e indeterminati”, rendendo impossibile programmare iniziative continuative.
Una norma snaturata
Il garante ricorda che l’articolo 17 della legge 354/1975 stabilisce che “le persone interessate all’opera di risocializzazione possono accedere agli istituti penitenziari su autorizzazione del magistrato di sorveglianza, previo parere del direttore”. Un principio nato per favorire il contatto tra carcere e società, non per limitarlo. Secondo la Burla, la nuova procedura “contraddice lo spirito della norma” e segna una regressione rispetto ai diritti dei detenuti.
“Un segnale di sfiducia e arretramento”
Per la garante, si tratta di un passo indietro che mina la funzione rieducativa della pena e trasmette “sfiducia nei confronti dei direttori e degli operatori penitenziari”, già gravati da sovraffollamento e carenza di personale. Nel contesto del Coroneo, dove convivono difficoltà linguistiche e fragilità sociali, la mancanza di mediatori culturali e figure educative aggrava ulteriormente il quadro.
Sovraffollamento e assenza di prospettive
La situazione stride con le parole del viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, che in una recente visita ha riconosciuto lo “sforzo titanico” del personale, individuando nel sovraffollamento il problema più urgente. Per Sisto, i rischi maggiori sono “lo sdegno e la depressione”: due sentimenti che, sottolinea la Burla, segnano ormai la quotidianità di molti detenuti, tra condizioni igieniche precarie, mancanza di percorsi trattamentali e assenza di prospettive concrete. E quando la speranza si spegne, avverte la garante, “il rischio di autolesionismo o suicidio è sempre dietro l’angolo”.
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