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Inchiesta a Milano sui “turisti della guerra” italiani in Bosnia

Una nuova inchiesta a Milano riapre le ferite del conflitto balcanico: italiani tra i “turisti della guerra” accusati di omicidi a Sarajevo.

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Cecchino - turisti della guerra Sarajevo
Cecchino ( © Depositphotos)

Un’inchiesta della Procura di Milano, condotta dal pm Alessandro Gobbis, riporta alla luce uno dei capitoli più oscuri del conflitto balcanico: quello dei cosiddetti “turisti della guerra”, italiani che negli anni ’90 avrebbero partecipato attivamente ai massacri di civili durante l’assedio di Sarajevo. Il fascicolo, aperto contro ignoti, ipotizza il reato di omicidio volontario aggravato da crudeltà e motivi abbietti. A rivelarlo sono La Repubblica e Il Giorno, che parlano di nuovi elementi emersi da un recente esposto.

L’esposto che ha fatto riaprire il caso

A far scattare l’indagine è stato un esposto presentato dal giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni insieme all’ex giudice Guido Salvini, noto per le sue inchieste sulla stagione delle stragi italiane. Gavazzeni avrebbe rintracciato alcuni dei presunti protagonisti di questa agghiacciante vicenda: uomini italiani provenienti dal Nord Italia, che avrebbero pagato per unirsi all’esercito serbo e sparare ai cittadini di Sarajevo dai grattacieli del quartiere Grbavica, teatro di uno degli assedi più lunghi e sanguinosi della guerra di Bosnia (1992-1996). Una pratica disumana descritta come un “safari umano”, in cui la morte diventava intrattenimento.

Il documentario che denunciò l’orrore

Il tema dei “turisti della guerra” non è nuovo. Già nel 2022, il regista sloveno Miran Zupanič aveva portato al festival Ajb Doc il docufilm “Sarajevo Safari”, prodotto da Al Jazeera Balkans e Arsmedia, che raccontava proprio la presenza di stranieri – tra cui italiani – impegnati in questi “giochi di morte”. L’opera, basata su testimonianze dirette, aveva scioccato l’opinione pubblica internazionale.

In seguito, l’ex sindaca di Sarajevo Benjamina Karić presentò una denuncia contro ignoti, chiedendo di identificare gli organizzatori e i responsabili di questi “safari umani”. Quella denuncia, ora, è confluita nel fascicolo aperto a Milano, segno che la giustizia italiana intende indagare fino in fondo su possibili connessioni e responsabilità interne al Paese.

Da Magenta a Sarajevo: i pullman dell’orrore

Secondo un’inchiesta pubblicata nel luglio 2025 da East Journal, Magenta, nell’Ovest milanese, sarebbe stata uno dei punti di raccolta per questi “turisti della guerra”. Tra il 1992 e il 1994, da lì partiva un pullman al mese diretto a Sarajevo, con una tappa intermedia a Trieste. I partecipanti, per lo più legati a movimenti neofascisti, sarebbero stati arruolati attraverso due reti parallele: una in Italia, dedita al reclutamento e finanziamento dei viaggi, e una sul campo, incaricata di inserire i “cecchini volontari” nell’esercito serbo.

Fonti investigative ipotizzano che nei nostri archivi dei servizi segreti possano esistere tracce di questa organizzazione, rimasta finora nell’ombra per oltre trent’anni.

Una ferita ancora aperta

L’assedio di Sarajevo, durato dal 1992 al 1996, provocò oltre 11.000 morti, tra cui più di 1.600 bambini. Se le indagini della procura milanese dovessero confermare il coinvolgimento di cittadini italiani, si aprirebbe una pagina inquietante della storia recente del Paese. Un capitolo che, dopo decenni di silenzio, riporta al centro la responsabilità morale e penale di chi scelse di trasformare la guerra in un macabro passatempo.

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