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«Edilizia, la deregulation non è la ricetta per la fsse due»

La Fillea Cgil: «Giù le mani dal codice degli appalti, che ha favorito una ripresa nel segno della legalità»

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UDINE – Non è uno sblocca-cantieri generalizzato la strada per far ripartire l’edilizia quando tutta la filiera della casa potrà ripartire. A sostenerlo è Emiliano Giareghi, segretario regionale della Fillea, il sindacato Cgil delle costruzioni e del legno-arredo, con 6mila iscritti in Friuli Venezia Giulia. «Tra sindacati e associazioni imprenditoriali – sostiene Giareghi – esiste una preoccupazione condivisa sull’impatto del lockdown, che ha bruscamente interrotto quel lento processo di recupero dell’edilizia dopo la grande crisi. Un recupero iniziato con sintomi convincenti solo nel 2018. Quello su cui c’è meno condivisione sono le ricette: se qualcuno pensa alla cancellazione del Codice degli appalti del 2016 e all’adozione del modello Genova per tutte le gare pubbliche, comprese quelle dei piccoli Comuni, siamo fuori strada. Non è vero infatti che il Codice degli appalti aveva ingessato il settore, visto che la ripresa, anche in questa regione, era incominciata proprio dopo la sua entrata in vigore. Fondamentale, al contrario, è il suo contributo alla regolarizzazione del settore, con il contrasto all’evasione fiscale e contributiva, e al rafforzamento strutturale delle imprese».

I NUMERI. Il settore, che nel 2016 aveva toccato in regione il suo minimo storico, con soli 7.500 addetti diretti (operai), praticamente dimezzati rispetto agli oltre 14mila del 2008, a fine 2019 era tornato al di sopra dei 9mila addetti. «Una ripresa magari lenta – commenta Giareghi – ma che conferma come il codice degli appalti non abbia agito da freno. A livello nazionale, del resto, sia il 2018 che il 2019 hanno visto incrementi compresi tra il 20 e il 30% nel numero delle procedure di gara, negli importi medi dei lavori, nel numero delle aggiudicazioni e anche nei lavori tradizionali. Se gli effetti del lockdown sono pesantissimi, tanto più che in molti casi si è fermata anche l’ingegneria civile, sebbene non sia soggetta all’obbligo di chiusura, non vorremmo che venissero utilizzati come scusa per un passo indietro sul fronte delle regole, non solo a prima del 2016, ma magari anche agli anni ruggenti del decennio precedente, segnati dalla nefasta legge obiettivo approvata nel 2001 dal Governo Berlusconi».

MODELLO GENOVA NON ESPORTABILE. A dir poco cauta sugli effetti del decreto sblocca-cantieri, «che ha determinato, più che un’accelerazione delle gare, una sensibile riduzione dei costi di aggiudicazione attraverso l’estensione delle gare al massimo ribasso, con riduzioni medie del 36% nel secondo semestre 2019», la Fillea indica altre strade per il rilancio del comparto. E boccia il ricorso generalizzato a gestioni commissariali come quelle utilizzate a Genova per il ponte Morandi, «che se replicate su vasta scala e al di fuori di casi di comprovata emergenza – spiega ancora Giareghi – porterebbero a un inevitabile aumento dei fenomeni corruttivi, oltre che dei costi per le stazioni appaltanti».

LE PROPOSTE. Fondi e garanzie governative per accelerare le opere pubbliche dei Comuni, pagamenti anticipati dal 30 al 50% da parte di grandi committenti pubblici come Anas e Rfi, una riduzione del numero delle stazioni appaltanti, un piano straordinario di assunzioni negli uffici tecnici dei Comuni, il potenziamento degli incentivi per la riqualificazione energetica delle abitazioni: questi, per la Fillea, i primi strumenti da varare una volta scattata la fase due, per impedire fallimenti, garantire liquidità alle aziende e favorire la cantierabilità delle opere. Opere da indirizzare verso obiettivi strategici come il green buliding, il potenziamento delle infrastrutture fisiche e digitali, il recupero dei centri storici, la riqualificazione ambientale senza aumento delle cubature, la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici, a partire dalle scuole, dal rischio sismico e idrogeologico, un grande piano per l’edilizia agevolata. «Tutti interventi virtuosi – conclude Giareghi – capaci di autofinanziarsi nel tempo e di favorire, rimettendo in moto il volano della filiera edile, uno sviluppo duraturo e sostenibile del manifatturiero e dell’intera economia».

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