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“Grazie di aver creduto in me Udine!”

Standing ovation del Teatrone per Remo Anzovino: suite, carrellata di successi, ringraziamenti, best of, commozione, riconoscenza in una notte interminabile

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Concerto di Remo Anzovino in un Giovanni da Udine gremitissimofoto (© Paolo Grasso)
Concerto di Remo Anzovino in un Giovanni da Udine gremitissimofoto (© Paolo Grasso)

UDINE – “Stefano Amerio, Mauro Missana, Moreno Micoli, Andrea Ioime, tanti altri amici: voglio ringraziarli tutti in questa città che ha sempre creduto in me.” E’ questo il cuore del concerto di Remo Anzovino in un Giovanni da Udine gremitissimo in occasione del tour di Dont’ forget to fly, di recente anche in quel di Trieste.

Un Anzovino visibilmente emozionato, sincero, schietto che porterà questo suo omaggio di riconoscenza anche durante “la doccia”, come la chiama lui – facendo un’analogia con l’attività fisica della maggior parte di noi ovvero coloro per i quali l’andare a fare una corsa è pura sofferenza alleviata dal pensiero che alla fine ci si potrà riposare dopo una doccia ritemprante! – salutando, firmando copie di vinili e cd, abbracciando amici di ieri di oggi di domani per oltre un’ora nel foyer al termine dello spettacolo in quella che prenderà le sembianze di una festa nella festa.

Nessuna maglietta con la scritta RA perchè “non sono Tananai o Lazza!” intercala con proverbiale autoironia il nostro, elargendo aneddoti legati al capoluogo friulano alternati alle note, alle melodie, alle armonie emanate dallo Steinway & Sons gran  coda: “ho cominciato qui vent’anni fa e Udine è stato forse il primo posto che mi ha dato fiducia!” E, come anticipato, fa pure i nomi e i cognomi dei colpevoli: “Andrea Ioime e Mauro Missana, sui giornali ed in radio, spingendomi, consigliandomi e facendo passare i miei primi pezzi; Stefano Amerio, il mago del suono, dove ogni dettaglio è religione. Oppure al mitico negozio L’angolo della Musica (ora trasferito in zona Malignani) quando lo storico titolare Moreno Micoli mi disse – sai, vendo tantissimi dei tuoi dischi! – e io gli risposi – ma come fai? – semplice, li metto su, la gente li sente, mi chiede chi è questo e io glieli vendo – fu la replica! It’s very simple, come i sabati pomeriggio passati suonando dal vivo, presentando i miei lavori all’interno del negozio sempre gremito di gente. Sì, Udine è davvero una città speciale e le sarò sempre riconoscente!” La sincerità disarmante di chi non si è dimenticato (né ma si dimenticherà) da dov’è partito.

Scaletta: la suite DFtF si diceva, sogno, fase REM, il volo, Icaro, il risveglio, il primo grande applauso. A seguire Remo e l’arte della narrazione, di cui egli è maestro non solo sugli ottantotto tasti: breve storytelling della propria vita su logistica all’ombra del cjscjel che ora allieta ora commuove la platea.

I commenti del post concerto, sempre uno dei passaggi più interessanti per chi ha orecchie per ascoltare, taccuini per segnare, idee da rubare: “per me è amato più qui che non a Pordenone!” sono le parole dello stesso Ioime, il più grande giornalista musicale della regione (cit. sempre Remo Anzovino), nel mentre svela a pochi eletti con giuramento di totale riservatezza le prossime puntate della sua celebre trasmissione Golden Years.

Ardua l’impresa di riprodurre le suggestioni che siamo stati abituati ad ammirare nei docu film sul mondo dell’arte laddove la musica del nostro descrive, sottolinea ed accompagna il racconto in maniera mirabile. Van Gogh, Monet, l’Impressionismo, Frida Kahlo ed ora i grandi del barocco: missione restituire ciò che l’ascoltatore si aspetta. Operazione indiscutibilmente riuscita con squarcio di enorme curiosità nei confronti dell’ultimo lavoro inerente Bernini e Borromini di cui Remo ci fa ascoltare Sant’Ivo alla Sapienza, dedicata alla chiesa di Roma che lo stesso definisce – con parole che più appropriate non si sarebbe potuto (d’altronde parliamo anche di un avvocato!) – un assalto al cielo! Pezzo mirabile, del resto il sottotitolo del documentario riporta la dicitura “sfida alla perfezione”, e non serve aggiungere altro.

“Diciannove pezzi piano solo… non siete stufi?! Ne volete ancora?!! Non è che ho l’autotune nella mani!” Ironia e quesito su tavolozza retorica del M.o, visibilmente emozionato, leggermente stanco (è umano anche lui, s’intende!) ma giammai domo per regalare ancora un pezzo e poi un altro ancora ad un pubblico che non smette mai di contemplarlo in assoluta concentrazione prima, applaudendolo da far male alle mani dopo.

Seguono diversi bis, l’elenco di ringraziamenti che prevede una lista pressoché interminabile con i suoi manager e l’inseparabile fonico Francesco il kekko Rodaro, anche lui sommerso da complimenti. Ovazione finale che sa tanto di un arrivederci a stretto, anzi a strettissimo giro, nella “sua” Udine. Serata da io c’ero!

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