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Crossover Casanova: i Pericopes+1 incendiano il Castello di Spessa

La performance di una delle più acclamate jazz band italiane nella voce dei suoi protagonisti, discorrendo di musica, società, vini, Casanova e il loro rapporto privilegiato con il FVG

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foto: ©Luca A. D'Agostino/Phocus Agency

Castello di Spessa, Capriva – «Il jazz italiano gode di ottima salute!» sono le parole perentorie scandite da Pierluigi Pintar nell’ormai classico siparietto introduttivo pre-concerto volto a presentare uno dei live più attesi dell’edizione number 25th del Jazz&Wine of Peace di Cormons. Coloro che hanno assistito in quel del Castello di Spessa alla performance dei Pericopes+1, in un pomeriggio autunnal-tropicale di fine ottobre, non hanno potuto far altro che sottolineare tale considerazione sommergendo di applausi la formazione di Alessandro Sgobbio, Emiliano Vernizzi, più Ruben Bellavia.

I due fondatori del gruppo a fine concerto sulla splendida terrazza del castello e davanti ad un altrettanto splendido friulano si sono confidati in merito a musica, vino, suggestioni e curiosità: «quello con il FVG è un rapporto artistico, affettivo e allo stesso tempo di ammirazione per la ricchezza paesaggistica, gastronomica e umana di questo territorio. In Friuli abbiamo scritto e prodotto molta musica, consacrando diverse residenze di composizione e registrazione grazie anche alla proficua collaborazione con il grande Stefano Amerio e lo studio Artesuono e della quale siamo felicissimi» le parole di Alessandro Sgobbio, piano e tastiere.

«Premesso che amo esibirmi nei luoghi storici, percepire il netto contrasto tra la modernità della nostra musica e l’antichità dello spazio circostante è una magia» suggella Emiliano Vernizzi, sax, l’altra metà dei Pericopes. «Suonando nella Sala degli Specchi poi – incantevole! – ho cercato di immaginarmi la musica che è stata suonata e quindi ascoltata secoli prima nella medesima e a fine performance non posso far altro che chiedermi che razza di musica suoneranno qui tra cento-duecento anni! In ogni caso è uno spazio che non ha pregiudizi artistici e ti senti completamente libero di esprimerti e visto che siamo in tema di specchi… di riflettere.»

«La figura di Casanova» legata storicamente alla venue del concerto «è emblematica e attualissima, oltre che una fonte di ispirazione per chi oggi si occupa d’arte. Nel mondo d’oggi le artiste e gli artisti devono saper gestire in maniera “creativa” una miriade di attività extra e multi-tasking: viaggi, comunicazioni audiovisive e social, management – continuando nel frattempo a creare nuove opere, il tutto sotto il giogo di un sistema consumistico che spesso può portare a dimenticare l’importanza dell’autenticità e della ricerca della qualità. In Italia abbiamo il privilegio di crescere attorniate e attorniati da un patrimonio sterminato di cultura artistica, gastronomica, paesaggistica, popolare, e questa è sicuramente una marcia in più che permette di interagire – con lenti più “accurate” – in un mondo contemporaneo in rapidissimo cambiamento. È importante lasciarsi ispirare da figure come Casanova, per poter tenere alta la passione per la curiosità, il viaggio, l’ascolto e l’apprendimento, soprattutto in un mondo così interconnesso, google-mappato e tecnologizzato come quello odierno» intercala ancora AS, che – tanto per inserire un altro link – vive in quel di Parigi, zona Bastille.

«Il periodo migliore per venire in Friuli, non solo da musicista, è questo secondo me» di nuovo il sassofonista sorseggiando un bianco dell’omonima cantina, mentre aggiunge «in autunno si ritorna in spazi chiusi, più intimi, e naturalmente la vostra zona offre delle eccellenze… in tutto! Il mio vino preferito, lo dico senza far torto a nessun altro, è la Ribolla Gialla: ho provato delle soluzioni biodinamiche davvero interessanti!»

Notizie dal J&W: i P+1 rendono molto di più dal vivo che in studio. Se dovessi azzardare uno studio scientifico fatto or ora su due piedi direi un rapporto di 1 a 10. Un po’ come i Dire Straits nel rock, probabilmente qualcuno se li ricorda a trent’anni esatti dallo scioglimento: Sultans of Swing, unica cover della band, rallentata a tal punto che solo l’orecchio più allenato (e più crossover) riuscirà a riconoscere senza suggerimento ed impreziosita dall’ultimo acquisto che in casa Pericopes si scrive +1: è Ruben Bellavia, on drums, entrato nel progetto due anni or sono prima per necessità (era impossibile far volare con le restrizioni l’allora batterista Nick Wight da NY) e che poi si è rivelato una vera sorpresa, tenendo presente che la musica della band è cucita su misura per chi la esegue e quindi nessun innesto può considerarsi scontato. «Ma Ruben» ci raccontano i sopraccitati «è un batterista straordinario e di caratura internazionale: uno tra gli unici italiani ad esser stato invitato alla Berklee di Boston per presentare la sua ricerca di studi. Insomma, al secondo concerto con lui… ci sembrava di suonare assieme già da anni!»

Crossover, elettronica, quasi punk, poi di nuovo soft. Creatività, una delle parole chiave per aprire la serratura delle composizioni dei Pericopes, a volte esoteriche. Dedica ad Edith Piaf, ancora Parigi la pazza, echi pinkfloydiani ne La Danza di Kuwa, chiusura a qualche bpm dalla house di Eivissa.

L’altra parola è libertà, concetto che ha subito in questi ultimi anni un’enorme crisi, una mistificazione, e che andrebbe ridiscussa soprattutto in ottica di tolleranza e di confini, come concludono i nostri.

Saluti e ringraziamento di rito, anche nella lingua madre del jazz, visto il parterre con turisti da ogni dove.

E poi? E poi l’invito finale: and than drink wine, of course.

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