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Quieto caos da arpeggi indolenti e mormorio sfuggente: simply, simplement, einfach Devendra

Una musica magnetica che attrae più per atmosfere che motivi: la prima di Devendra Banhart a Trieste

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foto: ©Luca Marenda

TRIESTE – Partiamo dalla fine: la scelta di un concerto piuttosto breve (un’ora e un quarto, un’ora e venti circa) genera sì qualche malumore in platea così come in galleria così come in loggione, ma per la specificità musicale di un genere che non si concede tantissime varianti, dove il ritmo rimane pressoché stabile, risulterà azzeccata: i suoi pezzi, fatti bene, anzi molto bene, in vece di (come capita di recente spesso e malvolentieri) un brodo allungato che necessariamente porta ad abbassare la qualità. E tanti applausi, decisamente meritati per la sua prima volta in quel di Trieste, venue Politeama Rossetti.

Ripartiamo dall’inizio: apre John Moods – non annunciato in sala – con una manciata di brani di grande livello: ballate acustiche in trio con flauto per chitarra ed impasto vocale superlativo, ottima entrée.

A metà concerto: DB juke box che chiede al suo pubblico che cosa voglia sentire, cosa che te la puoi permettere solo se hai grande abilità nell’improvvisare e la tua squadra è tarata allo stesso livello. Chapeau.

Considerazione di merito è quindi che il nostro sia bravissimo a fare tutto, in studio quanto dal vivo – armonie, arrangiamenti, ritmiche – schivando a (sua) ragion veduta la fase del ritornello. E’ una cifra stilistica che produce brani che ti rimangono in testa più che per il motivetto (che a volte proprio non c’è) per l’atmosfera – unica – che crea, croce e delizia di chi avrà dalla sua sempre un pubblico di nicchia. Ascoltando un pezzo griffato Banhart giammai sentiremo esclamare – ah, questo qui è Devendra! – e va benissimo così!

My negrita, Bad Girl, Fancy man: relax, sensualità da neo hippy votato a Santa Ildegarda: cantautore, modello, menestrello psichedelico per surfers dagli arpeggi indolenti e mormorio sfuggente, a tratti cupo, sempre intimista. Simply, simplement, einfach Devendra. E in tutte le altre lingue in cui compone.

Look incredibilmente dimesso per chi se lo ricordava sulle copertina delle riviste di moda con camicia damascata, barba da sponsorizzazione Instagram, la meticolosità della spettinatura. Gilet con zip e t-shirt monocolore, senza ninnoli che non intaccano il mercuriale magnetismo e quella fisicità che ti porta a guardarlo – tanto quanto ascoltarlo – mentre entra ed esce dal palco con mossette, balletti simpatici, surreali, pose hipster. Ma in scaletta manca – incredibilmente – Cripple Crow.

In conclusione, ma l’impressione è che lo rivedremo prossimamente nella nostra regione, è quella di una musica da private party più che da teatro o sala concerti (o da No Borders, tanto per capirci!) con quella voce sempre sussurrata sia nel cantato che negli intermezzi colloquiali. Una voce – si diceva – che evoca, che non dice, che non spiega, che lascia intuire, che ti conduce in un quieto, piacevole ed irresistibile caos. 

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