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“Prosciuttopoli”: processo concluso con 2 condanne e 3 assoluzioni

Concluso il processo “Prosciuttopoli”: due condanne, tre assoluzioni e una messa alla prova per frode nella produzione di prosciutti Dop. Coinvolti consorzi di Parma e San Daniele, risarcimenti in arrivo.

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Fette di prosciutto crudo
Fette di prosciutto crudo (© Depositphotos)

Il 24 maggio 2024 si è concluso il processo legato allo scandalo denominato “Prosciuttopoli“, che ha coinvolto diverse aziende agricole nella produzione di prosciutti destinati ai consorzi di Parma e San Daniele. Il processo ha portato a due condanne a sei mesi, tre assoluzioni e una messa alla prova.

L’indagine, condotta dai Nas, ha rivelato che le aziende agricole di Breda di Piave, Quinto, Castello di Godego, Treviso, Zero Branco e Trevignano utilizzavano il seme di un verro danese, della razza Duroc, per ingravidare scrofe italiane. Questo violava i disciplinari dei consorzi di Parma e San Daniele, che prevedono l’uso esclusivo di animali italiani. La carne ottenuta risultava più magra e l’allevamento era facilitato, ma questa pratica era contraria alle norme stabilite.

Il processo a Treviso

Il processo si è svolto a Treviso ed è stato presieduto dal giudice Gianluigi Zulian. Le accuse rivolte ai sei imputati includevano frode in commercio, vendita di prodotti con segni mendaci e falsificazione della documentazione. Le aziende coinvolte erano responsabili della produzione di circa 12 mila maialini nati dal seme danese tra novembre 2016 e febbraio 2017. Gli animali, una volta macellati, erano stati commercializzati come prosciutti non Dop, privi delle insegne dei consorzi.

Il risarcimento dei danni ai consorzi di Parma e San Daniele, costituitisi parte civile, avverrà tramite un distinto procedimento civile. Tuttavia, il giudice ha riconosciuto una provvisionale di 2mila euro al solo consorzio di Parma.

Origini dell’indagine

La maxi inchiesta, che ha coinvolto anche altre regioni come Udine ed Emilia Romagna, ha avuto origine da un’operazione investigativa della Procura di Torino. Questo processo rappresenta una ramificazione dell’indagine principale, che ha sollevato un velo sulle pratiche irregolari nel settore della produzione di prosciutti di qualità.

Durante il processo, le difese delle aziende coinvolte hanno sostenuto che non esistevano prove materiali a sostegno delle accuse. Hanno anche sottolineato che tutti gli animali coinvolti erano già stati macellati e che le cosce ottenute erano state vendute come normale prosciutto non Dop.

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