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Asufc, troppi i punti di crisi aperti: Regione e azienda corrano ai ripari e assumano

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FVG – Da quando è cominciata l’emergenza Covid i professionisti sanitari sono impegnati in prima linea a fronteggiare l’epidemia, esposti non solo al rischio di infezione, ma anche a un sovraccarico di lavoro e di tensione emotiva. I turni di lavoro incalzanti, la fatica fisica, la gestione di emergenze e urgenze, il confronto quotidiano con situazioni di estrema sofferenza, il rischio di episodi di aggressione verbale o fisica rendono estremamente stressante il lavoro di chi opera nella sanità, a segnalarlo Andrea Traunero, segretario Fp Cgil Udine.

Questo modo di lavorare sempre al limite coinvolge sia chi opera in setting di ricovero sia gli operatori dei servizi territoriali: chi lavora negli ospedali e nei pronto soccorso, gli operatori dei dipartimenti di prevenzione e dei servizi epidemiologici, delle ambulanze, delle radiologie, delle poche Rsa rimaste attive come tali e di tanti altri settori. Molti i punti di crisi nel territorio dell’Azienda sanitaria del Friuli Centrale: vediamone alcuni tra i più eclatanti.

Qui Udine. Fin dall’inizio di dicembre continuiamo a raccogliere le segnalazioni dei dipendenti delle aree di Medicina e dell’area Covid delle mediche in merito alla gestione della turnistica, a causa della  forte carenza di personale, soprattutto Oss ma non solo. Al sottorganico di base si sommano le fisiologiche assenze relative a malattie, maternità, legge 104, infortuni, andando ad aggravare una programmazione già in sofferenza. La soluzione dell’Azienda? Scaricare tutto sulle spalle degli operatori con riposi saltati, richiami in servizio, turni sempre più duri.

Qui Tolmezzo. Con i posti letto per stanza ridotti a due, e 46 pazienti da gestire, aumentano distanze e spazi da coprire per infermieri e oss, sottorganico anche a causa della mancata presenza di personale in servizio. Alla prime malattie già salteranno i riposi, ma le criticità rischiano di aggravarsi ulteriormente a causa dello spostamento di diversi operatori (mobilità, pensione, trasferimento in reparti Covid o altre strutture).

Qui Gemona. Nel Suap, il reparto speciale di unità protratta dove sono ricoverati pazienti neurovegetativi, e nella Rsa, dove attualmente vengono assistiti 16 pazienti positivi, di cui alcuni ventilati, operano solo 6 Oss e 6 infermieri. In caso di malattie il personale passa dal Suap alla Rsa e viceversa. Solo due i dirigenti medici in servizio. Bloccate le ferie.

Qui Palmanova. A causa dei numerosi trasferimenti verso l’ospedale di Udine o verso reparti Covid, il numero di Oss al servizio nelle Medicine di Palmanova si è più che dimezzato, scendendo dai 44 della situazione pre-pandemia agli attuali 20, con 64 degenti (al netto dei 12 posti Covid).

Elemento comune tra tutti queste situazioni di crisi è uno solo: la scelta precisa e prolungata nel tempo della Regione di non assumere personale se non con il contagocce. I numeri non mentono: a dicembre 2018 l’organico dell’Azienda Friuli Centrale era di 8.939 dipendenti. A giugno 2021, dopo tre ondate di pandemia e prima che esplodesse la quarta, eravamo a soli 8.833. Invece di avere centinaia di operatori in più, per fronteggiare il Covid e cercare di garantire nel contempo le altre attività, ne abbiamo cento in meno. Pare impossibile, ma è così, e non serve che la Regione e i vertici Asufc si trincerino dietro la presunta mancanza di professionisti da assumere. Sia i bandi di concorso che la formazione di Oss e infermieri dipendono, in larga misura, da scelte della nostra Regione, da condividere con le università e con gli istituti di formazione. La verità è un’altra: non si assume per risparmiare: un risparmio che ricade sulla popolazione e su chi lavora in sanità. Come Cgil Fp chiediamo alla Regione Fvg di smetterla di autoassegnarsi continue pagelle con il segno più e di invertire radicalmente la rotta: servono centinaia e centinaia di assunzioni. Subito.

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