Basket
Giancarlo Sacco: “Udine può vincere con Forlì solo se giocherà con ardore”
UDINE – Mercoledì 7 giugno alle ore 20 al palasport Carnera è in programma gara-3 della serie play-off di semifinale tra l’APU Old Wild West Udine e l’Unieuro Forlì. I friulani sono con le spalle al muro, devono assolutamente vincere dopo avere perso (la prima di soli due punti, la seconda nettamente) le prime due sfide giocate in Romagna.
Nel clima di una partita da dentro e fuori, carica di incognite e di sfide, abbiamo sentito il senior assistant dell’APU Giancarlo Sacco, uno che vive di basket da oltre 40 anni. Il tecnico marchigiano ha iniziato la carriera allenando a 18 anni le giovanili della gloriosa Scavolini Pesaro, venendo promosso sulla panchina della prima squadra a soli 27 anni (analogamente a Finetti a Udine). Poi ha lavorato in giro per l’Italia a Livorno, Varese, Trapani, Cantù, Fabriano, Rimini, Pavia, Recanati e Bergamo, per citare solo le principali destinazioni. Arrivato a Udine in sordina, alla vigilia del derby di ritorno di campionato con Cividale, abbiamo trovato un interlocutore interessante da ascoltare per la competenza e l’esperienza che trasudano le sue parole.
Sacco, a Forlì abbiamo visto una APU con due facce diverse: in gara-1 se l’è giocata fino alla fine, perdendo di soli due punti e con la concreta possibilità di conquistare la posta in palio; in gara-2, invece, dopo un inizio match positivo, è maturata una sconfitta pesante con la squadra praticamente assente nei secondi due quarti. Come si spiega questo repentino cambiamento?
“Una volta un giornalista mi ha chiesto cosa è più determinante durante i play-off. Gli ho risposto che più che la tattica, più che la tecnica, sono fondamentali la voglia, il carattere, il senso della sfida. Anche perché si gioca ogni due giorni, si gioca sempre contro gli stessi avversari. Chi arriva ai play-off con il piacere, con il senso della sfida e con la compattezza del gruppo ha le più grandi chance di vittoria.
La prima partita l’abbiamo giocata con questo senso della sfida, anche se abbiamo fatto tantissimi errori che, in uno sport in cui si vince o si perde per anche solo un punto, sono risultati determinanti. Nella seconda gara è venuta meno questa cattiveria, questo animus pugnandi. Ed è stata una cosa generale che ha riguardato, chi più o chi meno, tutti. Le statistiche di queste partite non mentono. Nella prima partita, in cui abbiamo perso di pochissimo, abbiamo concesso comunque agli avversari 13 rimbalzi offensivi, in gara-2 abbiamo concesso non solo 15 rimbalzi offensivi, ma anche 16 palle perse, mentre noi abbiamo preso solo 5 rimbalzi offensivi e loro hanno perso solo 6 palloni. Ciò significa che Forlì ha avuto venti possessi più di noi e, anche se sei i Boston Celtics, una tale partita la perdi”.
In entrambe le gare giocate a Forlì, è sembrato in difficoltà il reparto playmaker dell’APU: Monaldi sembra molto calato rispetto alla stagione regolare, mentre Palumbo non sta replicando le buone prestazioni della serie con Cividale. Come pensate di rimediare a queste difficoltà in un ruolo nevralgico come questo?
“Quando succede quanto successo a Forlì non è un reparto che non funziona: abbiamo avuto difficoltà in attacco con tutti, in difesa non siamo stati abbastanza attenti nel coprire la nostra area non concedendo rimbalzi offensivi, ci sono state tante palle perse in attacco…E’ tutto un insieme che, quando si arriva a questi livelli di play-off, in cui si dovrebbe rasentare la perfezione o, almeno, non concedere regali agli avversari, quando si hanno questi numeri, mentalmente hai dei problemi che diventano generali e non è più una questione della prestazione di un singolo giocatore.
Gara-2 non è stata giocata come una partita di play-off, basta fare un confronto con le cinque partite disputate con Cividale. Non vorrei che quelle cinque partite siano state giocate con il giusto ardore solo perché era un derby. I play-off devono essere giocati sempre con quello spirito. Il vantaggio dei play-off è che, a prescindere di come hai fatto nella precedente partita, si torna a giocare subito e si azzera tutto quanto fatto prima. Basti vedere Pistoia che, dopo avere perso le prime due partite a Cantù, ha vinto le due successive in casa (e poi ha vinto anche gara-5, come successo dopo questa intervista, n.d.r.). Anche noi ora abbiamo due partite casalinghe al Carnera, dico due perché non ci voglio neanche pensare che mercoledì non vinciamo”.
Quindi, possiamo concludere che Udine con Forlì può vincere se gioca con ardore?
“Certamente. Ho fatto due finali da capo allenatore per andare in A1, sempre con squadre non favorite. Quello che ci ha permesso di arrivare, in entrambe le serie, ad un tiro libero dalla promozione è stato che il gruppo, la squadra, lo spogliatoio avevano tantissima voglia e carica. Ma anche quando ho fatto le Coppe o i play-off in A1 quello che ti porta avanti è ciò che hai dentro. Poi arrivano tecnica e tattica. La mia certezza è che dobbiamo avere un fuoco dentro simile a quello che avevamo nelle partite con Cividale. Carlo (Finetti, n.d.r.), come capo-allenatore, deve cercare di tirare fuori questo ardore dai ragazzi per essere competitivi e per giocarci queste due partite in casa. Nella mia mentalità non esiste che noi usciamo a gara-3”.
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